Contro gli abusi una cultura della tutela

di:
vita religiosa

Foto di Jeffrey Riley su Unsplash

Aiutare a costruire una cultura della tutela nelle congregazioni religiose, fornire una formazione sui passi da compiere, ascoltare vittime/sopravvissuti agli abusi, imparare a prevenire gli abusi, esplorare le modalità di risposta ai problemi legati all’abuso: questi gli obiettivi di un workshop realizzato da religiosi e religiose.

Dal 6 al 10 novembre 2023, 133 membri di 90 congregazioni religiose si sono riuniti alla Fraterna Domus, a nord di Roma. Erano presenti 78 religiose di 51 congregazioni e 55 religiosi di 39 congregazioni. Questo importante incontro di religiosi responsabili della tutela è stato organizzato dalla Commissione cura e tutela delle Unioni dei superiori generali (UISG / USG) di Roma.[1]

I partecipanti hanno ascoltato presentazioni informative, ricche e stimolanti. C’era un’atmosfera di profonda fiducia, apertura e condivisione che ha contribuito a creare un ambiente in cui i partecipanti hanno potuto riflettere, porre domande e impegnarsi in una viva condivisione ai tavoli. Forte la consapevolezza che questo tempo ferito chiede attenzione, ascolto, accompagnamento, responsabilità personale e collettiva, perché ogni rischio sia monitorato e ogni caduta presa in carico.

Creare una Chiesa sicura

Mentre si formulano politiche e protocolli per la prevenzione e la protezione, ciò che i partecipanti hanno ascoltato e condiviso chiede un impatto sul modo con il quale una cultura della tutela dev’essere creata e vissuta come cultura evangelica.

Le giornate sono state un tempo di riflessione, di strategie e di attenzioni capaci di mettere in atto processi virtuosi per creare una Chiesa sicura. Straordinariamente coinvolgente il modo di lavorare in maniera attiva. In ordine al tema, si è fatto riferimento alle relazioni pastorali che si verificano durante l’accompagnamento spirituale, il discernimento vocazionale, la formazione, la direzione spirituale, l’accompagnamento durante gli esercizi, la confessione…

Le relazioni pastorali si verificano in ambiti in cui sono presenti una asimmetria di potere (direttore spirituale, formatore, superiore, confessore, cappellano…), e dove si tratta del sacro (vocazione, discernimento, risposta alla volontà di Dio, obbedienza-autorità, perdono dei peccati…). Si sviluppano nell’intimità tra due persone, ambedue adulte (dello stesso sesso o di sesso diverso), tra un adulto e un giovane (asimmetria dell’età)…

La relazione pastorale tocca la totalità della persona, anche se, a volte, si operano separazioni, negazioni, repressioni. La persona che accompagna, aiuta a discernere e perdona i peccati ha un’autorità ricevuta e sostenuta dall’istituzione ecclesiale per esercitare legittimamente questo potere o funzione. Il cambiamento di paradigma culturale richiama l’attenzione sull’inderogabile esigenza di ricollocare al centro la persona consacrata, la sua vocazione, gli obblighi derivanti dalla consacrazione.

La cosiddetta “gente comune” percepisce ancora il senso della sacralità di chi vive con fedeltà e perseveranza i propri impegni alla sequela Christi. Percezione intesa come credito di fiducia nella persona e di collaudata affidabilità delle istituzioni che essa rappresenta.

A maggior ragione, chi esercita tale autorità e potere nei confronti degli altri è responsabile della relazione e di ciò che accade in essa. È una relazione in cui la persona che ha l’autorità rappresenta la presenza di Dio e del sacro per colui che viene accompagnato. Queste relazioni pastorali in tante occasioni avvengono nell’intimità tra due sole persone e possono avere una certa frequenza. Queste caratteristiche favoriscono relazioni in cui si vivono emozioni, sentimenti, affetti, attrazioni emotive e sessuali, sono uno spazio di grande vulnerabilità in cui esiste il rischio di relazioni abusive.

Si inserisce qui l’abuso di potere come un “uso improprio” e distorto della posizione di superiorità. Questo abuso si verifica quando, in una relazione asimmetrica, l’autorità approfitta della fiducia riposta in essa a motivo del ruolo che occupa. E quando manipola e impone per gratificare un bisogno di dominio egocentrico.

Esemplificazioni suggerite nei lavori, come questa che riportiamo, rivelano tutte le sfumature di un abuso di autorità e di coscienza: «Una suora di voti temporanei viene inviata in un altro Paese per il suo programma di formazione e per lavorare in una casa di riposo dell’istituto. La superiora della comunità procura un confessore per le suore, che però non si sentono libere di chiedere un’alternativa.

Ben presto il comportamento del sacerdote cambia durante le confessioni provando a convincere la suora che avere un contatto sessuale con lui l’avrebbe aiutata a raggiungere un’unione più profonda con Dio. La suora si sente a disagio ma non ha il coraggio di esprimere il suo disaccordo. Alla fine lei dice: “Basta, andrò a denunciarti alla mia superiora”. Lui le risponde: “Nessuno ti crederà. Sarà la mia parola contro la tua, e tu non hai nessuna autorità in questa casa…”. La suora si sente in trappola. Chiede aiuto al di fuori della comunità, ma è troppo spaventata perché potrebbe essere dimessa e rimandata al suo Paese nella vergogna e nell’isolamento. Alla fine, decide di rimanere in silenzio».

Internet

Nel ventaglio di attenzioni sviluppate nel corso delle giornate si è evidenziato come un nuovo spazio di possibili abusi è determinato da internet. La tentazione della pornografia nel digitale è un vizio di tanta gente, di tanti laici e laiche, e anche di sacerdoti e suore. È una realtà che indebolisce il cuore. Diverse sono le aree di interesse, si va da una visione sporadica di materiale pornografico per adulti alla visione compulsiva di materiale pornografico, fino alla ricerca di immagini di abuso su minori.

Gli uomini preferiscono utilizzare il web (immagini e video) e le chat room come seconda scelta. La sessualità maschile è prevalentemente visiva e la fantasia è alimentata dalla stimolazione del vedere. Gli uomini possono usare internet per l’adescamento e per instaurare contatti.

Le donne (70%) preferiscono le chat room, con il web come seconda scelta. La sessualità femminile è maggiormente basata sulla relazione. Le chat room possono essere accattivanti e offrire opportunità di conversazione, intrigo, seduzione, manipolazione e potere. Le donne possono arrivare a incontrare qualcuno.

Queste annotazioni rilevano tutta la complessità generata dalla pornografia del mondo virtuale caratterizzata da tre “a”: accessibile, a buon mercato, anonima.

Una ricerca compiuta negli USA dice che è presente nel 12% di tutti i siti web ed è fruita da circa il 69% degli uomini americani e dal 40% delle donne americane ogni anno. È un’industria da 100 miliardi di dollari. Gli ecclesiastici di età compresa tra i 18 e i 49 anni utilizzano la pornografia in numero pari a quello dei giovani uomini adulti della società. Il 69% degli ecclesiastici ha iniziato a farne uso per “curiosità”, razionalizzando le visite ripetute come un mezzo utile a migliorare l’approccio con le persone intrappolate nel cybersex.

Alcuni concetti chiave ne favoriscono l’utilizzo: promette la felicità; la regolazione emotiva (la sensazione di stare meglio) è parte del problema; alimenta la fantasia, non la realtà; incoraggia la segretezza; sviluppa l’illusione dell’anonimato.

Si approda alla realtà virtuale per immaturità spirituale caratterizzata da pensiero rigido, attitudine a incolpare gli altri per i loro comportamenti, tendenza ad accusare gli altri di cose di cui si è colpevoli, convinzione che non si verrà scoperti.

Si cede a volte per molta rabbia repressa, con un senso di legittimità: “Me lo merito”, autoconvinzione che non si sta facendo nulla di male. “Sto solo guardando”, scarsa responsabilità segnata da mancanza di supervisione o di direzione spirituale.

Di fondo, sono da ricercare tutte queste fughe nelle difficoltà a relazionarsi, condite dalla coesistenza di dipendenze: alcol 19%, cibo 38%, lavoro 88%.

L’eccessiva stimolazione porta il cervello a un ridotto controllo degli impulsi, mentre insorgono diversi effetti di disturbo: pensiero ossessivo, vergogna, stanchezza, mancato svolgimento di compiti importanti, senso di colpa/rimorso, paura di essere scoperti, isolamento.

Ascoltare le vittime

Visitata la complessità del virtuale, ci si è avvicinati al reale. Un punto cruciale del workshop è stato l’ascolto della testimonianza di due sopravvissuti agli abusi. Il dolore e gli effetti dell’abuso che cambiano la vita erano evidenti in ciò che hanno condiviso. Le ferite inferte sono molto profonde e si manifestano nei momenti peggiori e inattesi. Una frase su tutte: «La forza dell’abusatore rimane anche dopo la sua morte».

Giusto e sensato l’invito rivolto ai partecipanti di provare a parlare e a condividere la fatica di quanto avevano vissuto ascoltando le due testimonianze. Le ferite non vanno in prescrizione, perciò in ogni caso è doveroso assicurare ascolto, disponibilità e azione per ogni tipo di segnalazione.

Purtroppo, quando si ascoltano le storie delle vittime di abusi sessuali all’interno della Chiesa, scarsa empatia e freddezza emotiva sono la risposta, anche quando le vittime hanno raccolto il coraggio sufficiente per denunciare gli abusi subiti. Un cambiamento di mentalità è assolutamente necessario, se non si vuole cadere nel rischio di attraversare questa tristissima fase della storia senza lasciarsi interpellare e mettere in crisi dal grido profondo che sale da fratelli e sorelle segnati per sempre dall’esperienza dell’abuso.

Probabilmente l’aver posto enfasi sull’aspetto maggiormente accademico, nella formazione di tante generazioni di religiosi/e, ha reso normale la separazione psicologica tra mente e cuore e, ancor più, tra mente e anima. Quasi inconsapevolmente si è giunti a ritenere che l’abilità accademica potesse fornire a uomini e donne un’onnipotenza di azione e di relazione.

Il tutto rendeva preparati non solo a rispondere ai comportamenti emotivamente conflittuali di coloro che vivevano nella loro stessa comunità, ma anche a raggiungere un livello di maturità affettiva interiore. Questa percezione ha conseguentemente creato una falsa capacità di recupero delle sensazioni emotive, fisiche e sessuali che venivano tutte considerate come tentazioni peccaminose, a causa della mancanza di un contesto appropriato che permettesse di analizzarle.

Il giusto accompagnamento

Chi lavora in prima linea deve trasmettere attraverso le proprie responsabilità i valori e l’amore di Cristo, che si manifesta espressamente nella sua missione di cura e di protezione, specialmente nei confronti dei più piccoli. Il ruolo del diritto canonico nel garantire ambienti sicuri include lo sviluppo di protocolli di salvaguardia efficaci, da applicare all’interno degli istituti e delle società. Il diritto fornisce, allo stesso tempo, principi fondativi e azioni pratiche e concrete per la creazione, la tutela e l’attuazione di tali protocolli.

Nella ricerca dei giusti equilibri sono stati presentati anche tecnicamente argomenti importanti per affrontare il tema: le vittime, i soggetti imputabili, gli abusi sessuali di autorità, di ordine spirituale e di coscienza, il passato da guarire, il futuro da costruire, il popolo di Dio, il concetto anomalo di autorità, la fede nella forza della Parola.

È venuto chiaramente in luce che la crisi all’interno della realtà ecclesiastica è una crisi di sistema Essa nasce da un certo elitismo da parte di chi è al governo, che si attribuisce una superiorità derivante dal vincolo con il sacro. Questo implica che il sacerdote, per il puro fatto di essere stato ordinato, possiede un’autorità che viene dall’alto e ha quindi un “potere sacro”. Questo modo di vivere il ministero, radicato nella cultura ecclesiale, va sotto il nome di clericalismo e favorisce qualsiasi tipo di abuso.

È uno stile di vita ispirato all’esercizio di un ruolo che nulla ha a che vedere con una vocazione di servizio evangelico. Questo stile finirà per adottare una condotta basata sull’abuso all’interno di vari ambiti: si può abusare di Dio e di una sua certa immagine, della sua Parola, dell’esercizio ministeriale in genere, si può abusare e farsi interpreti come mediatori tra Dio e gli uomini e le donne, o si può avere la pretesa di conoscere e indicare agli altri la volontà divina.

Quando l’abuso diventa uno stile e una condotta di vita, è più facile che si verifichino abusi sessuali. In ogni caso, qualsiasi abuso, avvenuto in qualunque settore, ha sempre una sua gravità.

La strategia culturale che permette di esercitare l’autorità all’interno del sistema ecclesiastico agisce come terreno fertile per favorire le relazioni basate sull’abuso. Si sviluppa abuso di potere, di coscienza e, infine, sessuale. Inevitabilmente si deve fare i conti con una tipologia molto ampia che può comprendere atti con contatto fisico a scopo sessuale, che va dal rapporto sessuale completo, ai toccamenti, alle carezze, ai baci in presenza. Ma ci sono anche abusi senza contatto, come il reclutare o indurre un minore a realizzare o a partecipare ad esibizioni pornografiche reali o simulate, abusi a distanza come l’adescamento che avviene tramite i mezzi di comunicazione: chat, telefono, email, canali web…

Quando si parla di cultura clericale, ci si riferisce non solo al sacerdote, ma anche agli uomini e alle donne laici, così come ai religiosi e alle religiose, che consentono che questo “potere sacro” si estenda ben oltre il momento preciso in cui viene celebrato il sacramento. Questo porta i credenti e il sacerdote stesso a creare un’immagine idealizzata, fino a trasformare il sacerdote in un essere intoccabile che impedisce qualsiasi tipo di critica o di possibilità di dialogo tra pari. Letture difensive perpetuano il fenomeno e i danni degli abusi, mentre quelle proprie di un sistema aperto sono illuminate da una visione pasquale di conversione e di purificazione, di riconoscimento e di trasparenza.

I membri dell’UISG e dell’USG si impegnano a promuovere una cultura della tutela e a modellare questa cultura evangelica nelle loro rispettive congregazioni e ministeri.

Sfortunatamente, la crisi degli abusi sessuali che ha coinvolto la Chiesa cattolica continua imperversare e a sollevare questioni. Questo tema continua ad essere insabbiato, mentre bambini e adulti vulnerabili continuano ad essere vittime di abusi. Tuttavia, nel corso dei lavori, si è avuta la percezione che da una maggiore consapevolezza può nascere una cultura della tutela.


[1] I contributi e i momenti di confronto sono stati offerti da suor Tiziana Merletti, fratel Brendan Geary, Tina Campbell, padre Tim Brennan, suor Maria Rosaura Gonzalez Casas.

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Un commento

  1. Christian 17 novembre 2023

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