Da più parti è stato denunciato il silenzio degli ambienti ecclesiastici e monastici circa il vissuto del Monastero di Bose in questi mesi e in questi ultimi giorni. Più che un silenzio di disinteresse, è un silenzio di rispetto per il travaglio che i fratelli e le sorelle della comunità di Bose stanno vivendo: dal primo fratello che ne fu l’ispiratore all’ultima novizia.
Il rispetto silenzioso degli ambienti monastici non equivale all’assenza di una parola di fraternità e di sostegno nella prova. È l’espressione della discrezione e dell’intimità dovute al sentirsi parte di quell’Ordine monastico che è ben più ampio delle figure giuridiche. La scelta monastica che ci accomuna è trasversale non solo alle varie Osservanze, ma pure alle Confessioni cristiane e alle diverse Religioni. Proprio a Bose questa «universitas monastica» è stata particolarmente coltivata e condivisa. Come monaco mi sembra di intuire cosa stia avvenendo e mi verrebbe anche da dargli un nome preciso, semplice e impegnativo: la Pasqua di Bose.
Il tempo della chiarificazione
Un passaggio fatto di purificazione e di chiarificazione che molte comunità – si potrebbe dire tutte – prima o poi devono vivere, accettando di pagare il prezzo di umiliazione e di rivelazione che comporta. Non meraviglia quello che sta succedendo e deve succedere, come non può meravigliare la sofferenza di un parto il cui momento arriva: atteso e sorprendente al contempo.
Il dono di un carisma, se passa attraverso una persona, non può che effondersi in una comunità fino a trascendere il fondamento nella costruzione. Per questo la gratitudine non può che essere reciproca e sofferta. Se è vero che quanti si uniscono a un’avventura spirituale devono essere grati per chi ne ha permesso il fragile inizio con passione e dedizione, nondimeno chi è stato riconosciuto come ispiratore non dovrà mai dimenticare il debito con quanti gli hanno dato credito.
Sono di più i fondatori che non hanno avuto un seguito, di quelli che hanno potuto veder germogliare e fruttificare una propria intuizione di vita. Ciò che è essenziale in una fondazione è il riconoscimento esistenziale dei discepoli e la conferma da parte della Chiesa. È per questo che a scrivere la vita di Antonio del Deserto è il vescovo Atanasio e quella di Benedetto il papa Gregorio Magno.
Discernere e autenticare ogni carisma
A Bose è Pasqua in questo tempo di prova! È il tempo di una chiarificazione necessaria ed inevitabile tra la giusta complessità di ogni vita, come pure di quella monastica, e l’ambiguità che pure tocca ogni umana esistenza personale e comunitaria. Ciò che è stato evocato a tinte forti è proprio questo stato liminale della realtà di Bose, con un possibile fraintendimento tra laicità del monachesimo e impossibile secolarità di ogni forma di monachesimo anche non cristiano.
La giusta desacralizzazione intuita e voluta dal Concilio Vaticano II non può essere confusa con la secolarizzazione. Profezia di questo movimento di desacralizzazione, in vista di una evangelizzazione della vita cristiana e monastica, Bose è chiamata a vivere ora il tempo della chiarificazione con tutta la fatica che ciò comporta a livello intellettuale ed esistenziale.
L’assunzione di forme e linguaggio precisamente monastici, come pure la frequentazione della tradizione letteraria e testimoniale, non può non creare una tensione interiore e comunitaria che esige attenzioni. Aver scelto di passare da essere una «fraternità» ad essere una «fraternità monastica» per diventare il «monastero di Bose» ha il suo prezzo in termini di rigore come pure di rinuncia.
I fratelli e le sorelle di Bose hanno intrapreso questo cammino su stimolo del loro ispiratore, ma, naturalmente, si sono trovati davanti a una sfida ben più grande. Davanti alle difficoltà hanno ricevuto aiuto proprio da quella Chiesa che ha il compito di discernere e autenticare ogni carisma, perché non sia mai un’illusione oppure la proiezione di un bisogno esterno.
Il Salvatore, anche dei monaci
L’atmosfera di umanità e di convivialità evocata con nostalgia da molti che a Bose hanno vissuto momenti indimenticabili è uno dei frutti più gustosi di questa esperienza. Ma questo è solo la minima parte di un’esperienza di intimità e di combattimento dei fratelli e sorelle della comunità, chiamati a misurarsi con le esigenze della vita monastica scelta e professata.
Il servizio di ospitalità, nel senso più ampio proprio della vita monastica, avviene alla «porta» del monastero come espressione di diaconia, ma non può mai sovrapporsi all’intimità inviolabile di una vita comune. Le esigenze ascetiche cui i fratelli e le sorelle hanno voluto rispondere con la loro scelta di vita è un laboratorio ben più importante di quello che può essere «servito ai tavoli» dei commensali di questa esperienza.
Alcuni di costoro riconoscono di non aver alcun interesse per l’aspetto monastico. Contrapporre il Vangelo con la vita monastica o sognare una vita monastica più evangelica di altre è rischioso. Se c’è una forma di vita che fa a pugni con il Vangelo è proprio quella monastica con le sue esigenze ascetiche, regolamentate e di discrezione se non persino di separazione. Nondimeno, la fede pasquale ci fa riconoscere in Cristo Signore il Salvatore del mondo che salva anche i monaci e le monache nel loro particolare modo di abitare il mondo e soprattutto le relazioni.
Questo vale anche per Bose in quanto realtà che si è voluta monastica e i cui fratelli e sorelle hanno bisogno di riconoscersi ed essere riconosciuti a partire dal desiderio espresso nella loro consacrazione a Dio in seno a una comunità.
Il meglio davanti
Il meglio è sempre davanti a noi perché si tratta del «domani di Dio».[1] Penso e spero che il meglio sia davanti e non dietro ai fratelli e alle sorelle di Bose che hanno preso il mantello di chi li ha preceduti.
Come Elia è sempre necessario salire volentieri sul «carro di fuoco» non della dimenticanza, ma dell’irrilevanza. L’irrilevanza è la corona di ogni vocazione monastica. La promessa che rimane ai fratelli e alle sorelle di Bose, a cominciare dall’ispiratore, è quella del Signore ai suoi discepoli: «Chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre» (Gv 14, 12).
Fratel MichaelDavide, osb (www.lavisitation.it)
[1] Papa Francesco, Omelia nel monastero delle Camaldolesi di Roma, 21 novembre 2013.
Dio benedirà tutto
Dolorosa, stucchevole e ora insopportabile!
1. Ho sempre considerato l'”universo Bose” un ambito di importante significato per la Chiesa e la società in generale.
2. Da quando è diventata di pubblico dominio la “questione Bianchi-Bose”, non mi ha per nulla appassionato la ricerca di motivi e retroscena delle vicende in questione, anzi ho giudicato che una certa “discrezione vaticana” avesse il suo senso.
3. Adesso però, con tutto il can can comunicativo che ne è venuto fuori e in cui tutti i protagonisti – Vaticano, Bose, Bianchi – di fatto si sono coinvolti con pubblici messaggi, è ora di finirla con allusioni, evocazioni, accenni… Se si vuole rendere giustizia al vero, ognuno esponga francamente le sue ragioni e prenda i suoi provvedimenti. Non si può far finta di nulla: o tutte le parti espongono francamente e pubblicamente il merito delle vicende, o si astengono da qualunque pubblico pronunciamento. Se non si ha la volontà della franca chiarezza – e non si è obbligati ad averla – si abbia almeno la decenza di tacere una volta per tutte sul piano pubblico: questo stillicidio di spiritualismi e “opposte avvocature” non giova a nessuno, anzi rende la cosa non solo stucchevole, ma francamente insopportabile, se non proprio – pur involontariamente – ipocrita. Quanto scritto da Fabrizio Mastrofini – senza bisogno di scomodare a tutti i costi la pur preziosa psicologia del profondo – coglie puntualmente nel segno.
Condivido alcune impressioni in base a quello che ho letto sulla stampa, con il massimo rispetto per tutti specialmente i fratelli e le sorelle di Bose ai quali va la mia simpatia. Il primo punto che vorrei far notare è come il Vaticano ha gestito in maniera discutibile la vicenda. Inopportuno in certe decisioni, nei tempi, nella comunicazione e infine nella non capacità a far rispettare le decisioni prese. In molti aspireremmo a saperne un pò di più, non per vana curiosità, ma perchè quella trasparenza che è uno dei valori fondamentali evangelici, cominci ad essere presente nella Chiesa e non venga impedita dal presunto rispetto della buona fama di chicchessia, ma a scapito della credibilità della Chiesa, come spesso succede.
Il secondo punto è che mi è suonata abbastanza ingenua la difesa ad oltranza di Bianchi da parte di molti. Il suo atteggiamento evasivo dei provvedimenti è una prova lampante che siamo di fronte a una personalità non semplice da decifrare. Molti non si rendono conto delle delicate dinamiche interne ad una comunità monastica. Vi sono cose di cui gli ospiti difficilmente si accorgono, dietro l’apparenza di una correttezza esterna, ma che un religioso che conosce certi meccanismi fiuta immediatamente. Ciò non vuol dire che Bianchi ha commesso abusi, certamente non sono abbastanza informato sui fatti, ma definirlo un “inerme” appare esagerato. Casi di persone innocenti giudicate ingiustamente succedono, ma raramente se sono persone in ruoli di potere. E’ difficile che la macchina vaticana si smuova se non c’è niente di serio. E’ molto difficile perchè il superiore, il vescovo, il manager dell’azienda hanno sempre più ragione del fedele, del monaco e dell’operaio. Certamente i provvedimenti presi e le modalità sono discutibili, ma cerchiamo di non essere ingenui, le motivazioni probabilmente ci sono anche se noi non sappiamo cosa.
E’ apprezzabile il rispetto per tutti professato dall’autore dell’articolo e il suo sforzo. La descrizione che lui dà della vita monastica tuttavia è una delle più deludenti che abbia mai letto- sono anch’io un religioso.
“Il servizio di ospitalità, nel senso più ampio proprio della vita monastica, avviene alla «porta» del monastero come espressione di diaconia, ma non può mai sovrapporsi all’intimità inviolabile di una vita comune. Le esigenze ascetiche cui i fratelli e le sorelle hanno voluto rispondere con la loro scelta di vita è un laboratorio ben più importante di quello che può essere «servito ai tavoli» dei commensali di questa esperienza”.
Sconvolgente, per l’autore l’ospitalità è una attività di seconda categoria rispetto a quello che si vive nell’intimità della comunità, definito ben più importante….clericalismo? Disprezzo per i laici? dualismo precristiano invece che unità del monaco che può e deve fare tutto con uguale amore per Dio e i fratelli?
“Contrapporre il Vangelo con la vita monastica o sognare una vita monastica più evangelica di altre è rischioso. Se c’è una forma di vita che fa a pugni con il Vangelo è proprio quella monastica con le sue esigenze ascetiche, regolamentate e di discrezione se non persino di separazione”
Altre affermazioni sconsiderate che cristallizzano la vita monastica come qualcosa di intoccabile con regole proprie non riferibili al Vangelo. La vita monastica non fa a pugni con il Vangelo, ciò che di essa non vi si conforma deve essere cambiato in un continuo processo di avanzamento, proprio come la riforma della chiesa e quella della nostra vita personale. Il Vangelo è la regola suprema della vita religiosa, dice il Vaticano II. E’ questa la profezia più importante che Bose ci lascia e continua a ripeterci, che non dobbiamo rendere vana. Tutti abbiamo le nostre contraddizioni, quelle di Bose e di Enzo Bianchi non sono certamente più grandi!!! Bose ha il merito di aver rotto delle barriere, aver testimoniato altre modalità, aver cercato di mettere il Vangelo al centro, mettendo in discussione, per la verità in modo ancora abbastanza moderato, certe strutture tradizionali e religiose che hanno le ore contate. Perché, ci piaccia o no, “tutto quello che non è stato piantato dal Padre mio verrà sradicato” disse Gesù
Articolo eccellente, equilibrato, sapiente… Grazie, fratel MichaelDavid! In tanti stanno facendo cortile intorno a Bose, la sua parola pacata e veritiera invece rassicura e da luce a chi, per un motivo o per un altro, è legato a questa comunitá. Scriva di più, fratel MichaelDavid. Grazie!
Mi unisco a lei, Guglielmo, per il ringraziamento e la richiesta a scrivere di più! Ha usato parole sagge nelle quali mi riconosco. Grazie ancora a fr. MichaelDavide.
Tutto quanto accade è lasciato alla solitudine di ciascuno di fronte al proprio kairos. Il silenzio pasquale scenda sulle nostre preoccupazioni. Dio benedirà tutto
Nei giorni in cui si ebbe notizia della decisione del Vaticano su Bose e si attendeva la decisione di Enzo Bianchi, era il tempo pasquale e avevamo appena celebrato l’ Ascensione del Signore. Alla luce di Gv 16,7 «Vi dico la verità: è bene per voi che me ne vada; se io non vado, non verrà a voi il Paràclito» mi fu molto chiaro che per quanto difficile e sofferto, lasciare Bose fosse la cosa più sapiente da fare. Non c’è da essere schierati con l’uno o con gli altri, ma semplicemente capire o sforzarsi di capire l ora giunta per Bose e il suo fondatore. Arriva per tutti e tutte. L’ho visto accadere con i miei occhi ad una comunità clariana che ha terminato la sua storia plurisecolare . Ed è quello il vero momento della testimonianza e del soffio dello Spirito.
Condivido il suo pensiero, Barbara. Grazie!
Grazie Guglielmo!
Questo articolo di fr MichaelDavide è l’espressione di quella parte di mondo monastico geloso di Enzo Bianchi e della comunità di Bose e che non aspettava l’ora di vederli in difficoltà. E’ un testo che con tutta evidenza è il risultato di una predisposizione naturale al vago spiritualismo e alla non conoscenza documentata dei fatti.
Non mi pare proprio.
Grazie fr MichaelDavide, per me che a Bose ho dato, e da Bose ho avuto, un tempo importante della mia vita, queste parole sagge sono un balsamo sulle ferite.
Penso che questo articolo sia semplicemente senza significato. Con impostazioni o approcci spiritualisti, i problemi non si risolvono. Invece serve trasparenza per dirimere i conflitti. E poi i conflitti ideologici sono sempre conflitti relazionali. Dopo 121 anni di psicologia del profondo, bisognerebbe saperlo! E comunque: o si tace e va bene cosi, oppure se si parla, allora Bianchi, Bose, Delegato, dovrebbero esprimersi con chiarezza. Se non lo fanno, sbagliano e avallano operazioni non trasparenti.
Anche lei è quindi nel novero dei curiosi pruriginosi? Non credo, lei termina un suo scritto su “pasticcioni di Bose” così: “Ma non si accorgono che la riflessione è in aperto contrasto con quanto accade? Evidentemente non vedono, non capiscono, non percepiscono, il contrasto tra la loro realtà e questa riflessione evangelica. Qui c’è tutto il problema di Bose: si chiama idealizzazione e scollamento dalla realtà”. Vero, mi permetta però di esprimere qualche dubbio nell’uso del plurale del concetto: qui il problema è uno solo, il ragioniere sono decenni che prende tutti per il naso raccogliendo una manciata di adepti con i quali tramare, mistificare, gestire le sue sudate finanze e vagheggiando teologie monferrine che qualcuno crede addirittura profetiche. Intrattenere relazioni interpersonali con un simile personaggio e i suoi cortigiani credo sia cosa da evitare, a volte le guardie svizzere servirebbero bene allo scopo.
Condivido completamente fratel Semeraro e il commento di Alfredo Bianco, oggi aggiungerei solo ulteriori articoli usciti da chi ancora sostiene tesi a favore di Bianchi, persone informate dei fatti, dicono alcuni, evidentemente informate proprio dal entourage che sta orchestrando parola per parola la strategia accusatoria verso tutto. Leggo ancora che il Santo Padre starebbe intervenendo a favore di una soluzione più soft, certo si può scrivere questo fin che si vuole, venduta come verità è tutta un’altra questione. Se il carisma si misura sulla potenza della parola distruttiva di un fondatore costui diventa un affondatore della sua creatura e qui siamo in presenza del peggior esempio. Il silenzio ad un certo punto ( è trascorso un anno ) non può bastare per gestire una trama simile, capisco che sono scelte difficili, il “sibilo” di una parte andrebbe stroncato con l’affermazione della giustizia della verità.
Un sincero grazie per questo articolo, il più equilibrato e vero che abbia letto sull’argomento!
Finalmente uno scritto “pulito”, su questa triste vicenda, non rispetto a quanto comparso qui su SettimanaNews ma rispetto ad articoli comparsi sui maggiori media nazionali a firma di personaggi famosi che hanno solamente cercato di infangare persone singole e la comunità di Bose tutta, ad esclusione naturalmente dei supporter del fondatore. Purtroppo sono solo capace di ripetere i concetti della vicenda che ho sempre cercato di illustrare da un anno a questa parte e quindi non ho altro da aggiungere, è poi così evidente la macchinazione in atto che ha portato addirittura sui titoli di Repubblica il concetto che “…Anche il Papa favorevole a cercare un’altra soluzione….” Non è vero! non è nemmeno credibile, eppure c’è chi trova spazio a stravolgere la realtà. E lo stesso “monaco laico” parla di menzogne, incredibile e geniale nel riuscire proprio l’autore di certe cose a ribaltarle verso gli altri passando da vittima. Il mio commento non è certamente di alcun alto valore come quello di Semeraro, è troppo però il disappunto per il comportamento di tutti coloro che abbracciano il vittimismo come difesa del loro vissuto e presente, che la giustizia imponga quello che è sancito.
Sí, sí, una lettura “pulita” della vicenda. Articolo molto incoraggiante!