È, o meglio era, uno dei crucci dei superiori e delle superiori maggiori: alcuni religiosi e religiose fanno perdere le proprie tracce, impedendo ogni chiarezza giuridica rispetto al loro status. Seppur per numeri assai ridotti, tuttavia capitava che un religioso o una religiosa arrivava da paesi del Sud in Europa e non si faceva più vivo o viva, oppure partiva dall’Italia per l’estero senza lasciare tracce, oppure, per scelta propria, non riteneva di farsi trovare e dover giustificare le proprie scelte.
A tutto questo la lettera apostolica Communis vita pone un termine con un nuovo punto al paragrafo 1 del canone 694 del Codice di diritto canonico. Se un’assenza illegittima (cioè non concessa dal superiore) e non reperibile si prolunga oltre un anno, il superiore maggiore, d’intesa con il suo consiglio, può dimettere il religioso o la religiosa dall’istituto senza la necessità di far firmare all’interessato l’avvenuta decisione. Con l’obbligo di una conferma da parte della Santa Sede, cioè della Congregazione dei religiosi.
Situazioni imbarazzanti
Si pone così rimedio a situazioni imbarazzanti. Per esempio, alle lettere di vescovi che chiedevano ragione dell’attività dell’uno o dell’altro religioso nella propria diocesi, oppure a questioni relative a situazioni debitorie indebitamente aperte, oppure a chiamate di correo per denunce di carattere penale in sede civile con richieste di risarcimenti, oppure a scelte insormontabili di negazione ad ogni rapporto.
Da tempo la questione giaceva presso la Congregazione dei religiosi che ora ha trovato il modo per risolverla sottomettendo al papa il cambiamento della norma.
Il canone 694 ricorda le condizioni per le dimissioni dei religiosi: oltre all’abbandono «notorio» della fede o a un matrimonio, si è aggiunto un terzo punto, quando cioè il religioso «si sia assentato dalla casa religiosa illegittimamente, ai sensi del can. 665 art. 2, per dodici mesi ininterrotti, tenuta presente l’irreperibilità del religioso stesso», fermo restando «quanto stabilito dal diritto sulla dimissione dopo sei mesi di assenza illegittima». Al can. 729 si modifica solo il rimando agli articoli del can. 694.
Dal punto di vista sostanziale, la normativa, vecchia e nuova, intende sottolineare la decisiva dimensione comunitaria della vita consacrata, la responsabilità dei superiori e la libertà degli interessati che possono sempre ricorrere alla Segnatura apostolica.
Il caso considerato è un piccolo frammento di un problema più complesso e vivo, quello degli abbandoni della vita consacrata. Sono circa 3.000 all’anno. In merito papa Francesco ha detto: «La vocazione, come la fede stessa, è un tesoro che portiamo in vasi di creta; per questo dobbiamo custodirla, come si custodiscono le cose più preziose, affinché nessuno ci rubi questo tesoro, né esso perda con il passare del tempo la sua bellezza» (28 gennaio 2017).