«Nel mese di settembre la Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori ha segnalato al Papa gravi problemi nella gestione del caso di P. Marko Rupnik e la mancanza di vicinanza alle vittime. Di conseguenza il Santo Padre ha chiesto al Dicastero per la Dottrina della Fede di esaminare il caso e ha deciso di derogare alla prescrizione per consentire lo svolgimento di un processo. Il Papa è fermamente convinto che se c’è una cosa che la Chiesa deve imparare dal Sinodo è ascoltare con attenzione e compassione coloro che soffrono, soprattutto coloro che si sentono emarginati dalla Chiesa». Con questo breve comunicato, la Sala Stampa della Santa Sede ha comunicato la decisione di papa Francesco che consente di giungere a un processo canonico nel caso Rupnik. In merito, Sophie Lebrun della rivista La vie ha raccolto le riflessioni di una delle vittime di Rupnik che qui riportiamo in nostra traduzione dal francese.
- Come ha saputo del possibile processo canonico a Marko Rupnik?
Un giornalista italiano mi ha inviato il documento ufficiale della sala stampa della Santa Sede. Si legge che il Papa «ha chiesto al Dicastero per la dottrina della fede di riesaminare il caso e ha deciso di revocare la prescrizione per consentire lo svolgimento di un processo».
Il Pontificio Consiglio per la protezione dei minori e delle persone vulnerabili ha richiamato l’attenzione di Francesco su «gravi problemi nella gestione del caso» di Marko Rupnik e sulla «mancanza di vicinanza alle vittime».
Faccio ancora fatica a crederci: è la prima volta che c’è una risposta chiara e precisa da parte del Vaticano su questo tema, ed è per annunciare la possibilità di un processo canonico, una strada che finora non aveva mai avuto successo nonostante i numerosi tentativi. La cosa sarebbe dovuta succedere da tempo. In ogni caso, revocando la prescrizione per ciò che riguarda Marko Rupnik, il Papa sta finalmente permettendo che sia fatta giustizia. Era l’unico modo per fare giustizia in modo serio.
Spero davvero che questa sia la strada da seguire. Mi sembra interessante sottolineare la tempistica della decisione: è un segnale forte il fatto che venga annunciata proprio mentre si sta concludendo il Sinodo sulla sinodalità e che il comunicato di Roma faccia riferimento a esso.
- Avevate fatto dei passi verso una procedura canonica?
A metà dicembre 2022, la Casa Generalizia della Compagnia di Gesù ha istituito un «gruppo di riferimento per i casi di denuncia contro i gesuiti» al quale ho raccontato la mia esperienza. La mia testimonianza si è unita a quella di una quindicina di altre persone che si sono fatte avanti in quel periodo.
A febbraio, il delegato delle Case internazionali a Roma, Johan Verschueren, superiore gerarchico di Marko Rupnik, ha annunciato di aver ricevuto, nel corso di «un periodo di oltre 30 anni», dagli anni ’80 al 2018, testimonianze da parte «di persone della Comunità di Loyola» (con sede a Lubiana, in Slovenia) di cui Marko Rupnik era il consigliere spirituale, «di persone che hanno fatto parte del centro Aletti» e di «altre persone che hanno detto di essere subito abusi di coscienza, spirituali, psicologici o sessuali da parte di padre Rupnik».
Mi ha colpito il fatto che abbia detto pubblicamente che considerava «credibili» le nostre affermazioni.
Aveva annunciato sanzioni nei suoi confronti, come il divieto di realizzare progetti artistici nelle chiese, oltre a quelle già decise qualche mese prima: il divieto di tutte le attività ministeriali e sacramentali pubbliche, cioè celebrare e confessare, accompagnare spiritualmente le persone, guidare ritiri o esercizi ignaziani, e il divieto di comunicazione pubblica. È stato inoltre annunciato un procedimento canonico.
- Questa è stata la terza indagine aperta contro Marko Rupnik. Che cosa è successo alla fine?
Poiché Marko Rupnik non ha rispettato le sanzioni impostegli, i gesuiti hanno avviato un procedimento di espulsione nei suoi confronti. A giugno è stato dimesso dalla Compagnia e le nostre testimonianze non hanno avuto seguito.
In precedenza, il Dicastero per la dottrina della fede aveva avviato un procedimento canonico, tra il 2021 e il 2022, sulla base di testimonianze di suore ed ex suore della comunità di Loyola, che descrivevano abusi sessuali negli anni ’80 e ’90. All’epoca, tuttavia, il Vaticano aveva deciso di non dare seguito alla richiesta a motivo della prescrizione.
Sulla scia dello scandalo mediatico, si è appreso che un precedente processo aveva avuto luogo dopo che una novizia aveva riferito di aver ricevuto l’assoluzione durante la confessione dopo essere stata aggredita sessualmente durante il sacramento. Nel 2020 era stato scomunicato, ma poiché si era pentito, la scomunica era stata revocata. I gesuiti avevano posto delle restrizioni al suo ministero, ma lui non le ha rispettate… e tutto è rimasto segreto.
- Poi vi è stata la visita canonica diocesana al luogo in cui lei era studente di Marko Rupnik, il centro Aletti…
All’inizio di settembre, il Vicariato di Roma ha reso noti i risultati di questa visita, che concludeva che c’era una «sana vita comunitaria» senza alcun problema! Nel rapporto si legge che la persona che ha effettuato la visita ha ritenuto che le procedure contro Marko Rupnik fossero «gravemente anomale».
Sembrava proprio un tentativo di riabilitare e mettere in discussione le azioni dei gesuiti. Ciò ha provocato emozioni molto forti in diverse vittime. Cinque di loro hanno pubblicato una lettera aperta sui media italiani per esprimere la loro indignazione e chiedere giustizia: per la prima volta hanno firmato usando i loro veri nomi.
In ottobre ho appreso che la Pontificia commissione per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili voleva riesaminare il caso. Sembra che alcune delle vittime siano entrate in contatto con la Commissione. Con l’annuncio odierno della Santa Sede, possiamo capire che queste vittime sono state finalmente ascoltate.
Daniele 13, 46
Buona vita a tutti
Dalle accuse e dalle ricostruzioni di alcuni giornalisti d’inchiesta emerge che non si tratta solo di abuso sessuale, ma anche psicologico e spirituale, di capacità manipolatoria, di rete di potere e di grandi flussi di denaro
Finalmente verrà fatta giustizia. Non so con quale motivo, sapendo delle pesanti accuse sopra le spalle di Rupnik, la diocesi di Capodistria abbia potuto accogliere nel mese di agosto l’ex gesuita. Su reati come l’abuso non dovrebbe esserci la prescrizione.
Naturalmente si ” sorvola” ipocritamente sul fatto che questi gravi problemi sulla gestione del caso Rupnick hanno una sola causa: la protezione personale del papa .
Ancora nella Chiesa cattolica non c’ e’ ne’ trasparenza ,ne’ parresia. Le responsabilita’ non vengono prese e tutto pare che accada cosi’ ,senza un motivo .
Finalmente ci siamo resi conto di una cosa: spesso le nomine e le azioni papali vanno a simpatia!
Ma non è un problema di Francesco, ma anche dei papi precedenti
Togliere la prescrizione è un segno di protezione?