Repubblica e Associated Press hanno pubblicato in prima mattinata due articoli, basati su una lettera a loro disposizione del padre gesuita Verschueren, superiore delle Comunità internazionali di Roma, in merito alla definitività delle dimissioni di p. Marko Rupnik dalla Compagnia. Definitività sopraggiunta al termine dei 30 giorni di tempo a disposizione di Rupnik per presentare ricorso rispetto alla decisione presa dall’ordine.
Proseguendo la sua linea di intransigente non disponibilità ad alcuna forma di dialogo, primariamente con le vittime dei suoi abusi sessuali, spirituali e di coscienza, Rupnik non ha reagito in alcun modo davanti alla decisione presa dai gesuiti.
“Non posso che esprimere il più profondo rammarico – scrive p. Verschueren – per la persistente e testarda incapacità di p. Rupnik di confrontarsi con le voci di così tante persone che si sono sentite ferite, umiliate e offese dal suo comportamento e dalla sua condotta verso di esse”.
In merito a quanto scritto dalla direttrice del Centro Aletti, Maria Campatelli, sulla richiesta avanzata a suo tempo da Rupnik per uscire dalla Compagnia, Verschueren ha affermato che “era stata respinta in quanto i gesuiti volevano che egli riparasse quanto fatto nei confronti delle sue vittime”.
Davanti alle critiche mosse alla decisione della Compagnia, che si limita alla dimissione di Rupnik dall’ordine senza ulteriori conseguenze per ciò che riguarda il suo status clericale, Verschueren ha ricordato che, stante la normativa vaticana vigente e l’attuale Codice di diritto canonico, non era possibile fare passi ulteriori da parte della Curia generale dei gesuiti.
Vengono annunciate anche misure in merito al rapporto fra la Compagnia e il Centro Aletti: viene sciolta non solo la comunità dei gesuiti al suo interno, ma si sta procedendo anche all’uscita dei gesuiti dall’Associazione di fedeli che determina lo statuto canonico del Centro.
Da oggi in avanti, per poter esercitare il suo ministero di prete, Rupnik deve trovare un vescovo diocesano disponibile a incardinarlo – ed eventualmente con lui, gli altri gesuiti che facevano parte del Centro Aletti e hanno chiesto di uscire dalla Compagnia. “Qualcosa che non è poi così improbabile – scrive AP – in quanto Rupnik può trovare appoggi saldi anche tra i vescovi”.
Qui non si tratta di essere congedato o meno dalla propria istituzione, ma dell’opportunità del suo restare prete (e qui non credo impotente la compagnia!). Un artista non ha bisogno di esserlo, anzi, se ha una vita disordinata rientra ancora meglio nella categoria….non si è mai chiesto agli artisti di essere modelli di vita, anzi …..
Apprendo questa notizia con dispiacere. Tale sentimento non mitiga però il bisogno di interrogarmi. Chissà cosa impedisce a Rupnik (direi che non è più il caso di chiamarlo padre) di chiudersi nel suo silenzio senza la volontà o capacità di confrontarsi con le vittime. Perché alla fine quello che importa non è avere un prete in meno (anzi non è nemmeno scontato che sia ridotto allo stato laicale) ma che riconosca la verità e ne assuma il peso. Ho seguito Rupnik per qualche anno, sbobinavo con interesse quanto trovavo nel web. Molto di quanto diceva lo condividevo. Però una volta fece l’esempio di quando, in confessione, una donna gli chiese consiglio su cosa fare di fronte ai gravi maltrattamenti del marito. Lui le rispose di continuare a sopportare tutto per la logica del “triduo pasquale”. A quel punto tutto il grande edificio di stima e fiducia cominciò a scricchiolare. Proprio come ora avverto lo scricchiolio nelle parole del gesuita Verschueren quando parla delle vittime come di “persone che si sono sentite ferite” e non delle ferite causate alle vittime. È ben diverso. E continuo a chiedermi le ragioni per le quali ha scelto quell’espressione..
Perché non scriviamo una lettera al Papa? Se scritta da molte persone forse avrà un risultato! Che si faccia verità, desideriamo solo questo!
Il papa sa tutto.
Cosa vuoi scrivergli?
Secondo te chi ha tolto la scomunica a Rupnik?
Sono sorpresa e annichilita! Questa lettera che comunica che Rupnik non è più un gesuita e per due volte parlando delle vittime (vere o presunte) dice che “si sono sentite ferite dal suo comportamento” come se le ferite fossero solo soggettive, mi lascia tanti interrogativi. Io penso che come popolo di Dio dovremmo chiedere che si faccia verità. Se la Compagnia di Gesù non vuole farla, eppure nel primo comunicato aveva detto che una volta dimesso avrebbe posto mano ad approfondire la questione, bisogna che lo faccia chi di dovere. Nel centro Aletti ci sono persone consacrate che occupano posti importanti nella chiesa, non possiamo accettare questo tacitamente. Ne va della credibilità della chiesa tutta.
Che dire dei preti diocesani “presi in prestito” dal centro Aletti? Per coerenza i vescovi delle rispettive diocesi dovrebbero farli rientrare nei propri territori altrimenti sono conniventi con il centro Aletti che si schiera contro tutte le decisioni della Chiesa in primis i gesuiti. Siamo senza preti e li lasciamo a servizio di colui che in modo sprezzante neppure muove una palpebra di fronte alle gravi accuse… Vescovi datevi una mossa! Il piccolo gregge è annichilito di fronte a questa realtà.
Speriamo che venga istituito in breve tempo dal dicastero della vita consacrata o altro organo della santa Sede, un processo che faccia chiarezza sulla questione. La frase degli “amici di Rupnik” è sempre la solita: “Chissà se si saprà mai la verità”. Con questa motivazione tutto andrà avanti come prima e Rupnik incardinato da qualche potente vescovo continuerà a fare il bello e cattivo tempo. È ora di mettere la parola fine alla questione. Le vittime hanno sofferto abbastanza!
L’avevo conosciuto, seppur superficialmente, quando era in auge, pertanto sento tutta questa vicenda molto triste. E mi sembra anche poco equa; pur non essendo una canonista, sembra che il voto di disobbedienza sia più importante di quello di castità che, in questo caso, ha coinvolto e fatto vittime: mi chiedo se questi criteri sono proprio evangelici. Comunque la si giri, è una storia triste, di fronte alla quale non resta che pregare il Signore.
Non è una “battutaccia” ma una frase che rispecchia la REALTA’ e che sinceramente non avrei mai e poi mai pensato… Io ho conosciuto Rupnik nei Convegni… ed anche a Roma… ma sempre alla larga senza pretendere chissà che relazione con lui e dico che il Signore mi ha custodita dopo tutto, visto che ero profondamente ingenua di CHI FOSSE, anzi ne avevo una stima straordinariamente grande… Fossi un Vescovo qui in Italia non mi prenderei il pensiero di incardinare Rupnik, forse e senza forse è meglio che se ne vada dove non lo conoscono… Nessuno più lo accosterebbe soprattutto DONNE????? Ma anche Uomini!!!!
Scusate la battutaccia, ma il titolo se la cerca : Rupnik prete senza Compagnia? Di compagnia ne ha sempre avuta persino troppa, soprattutto di compagnia femminile, .