Il 3 maggio il vescovo di Treviri, Stephan Ackermann, ha sospeso il processo diocesano di canonizzazione del fondatore del movimento di Schönstatt, p. Joseph Kentenich (1885 – 1968) in attesa che le accuse nei suoi confronti di abusi sulle sue suore vengano chiarite fino in fondo. Non si tratta quindi di un giudizio sulla persona e neppure sull’opera, quanto una decisione prudenziale dopo le recenti ricerche storiche nei suoi confronti.
Nel luglio 2020 viene pubblicato il saggio di una storica, Alexandra von Teuffenbach, che denuncia comportamenti impropri di Kentenisch verso le suore della sua fondazione. Testimoniati dalle carte di archivio del visitatore, p. S. Trump, fra il 1951 e il 1953 (settimananews.it/ministeri-carismi/schonstatt-ombre-sul-fondatore/), gli abusi furono all’origine della sospensione dell’autorità del fondatore e del suo “esilio” negli Stati Uniti, dal 1951 al 1965.
Il suo ritorno in Germania, dove ha ripreso il suo ruolo fino alla sua morte, nel 1968, non ha comportato alcuna smentita da parte della Congregazione del Sant’Uffizio circa le ragioni delle censure prodotte, ma il cambiamento del clima dopo il concilio e la crescita dell’Opera di Schönstatt (fondata nel 1915) in molte aree del mondo hanno convinto il movimento ecclesiale ad avviare il processo di canonizzazione.
Il processo diocesano a Treviri (diocesi della morte del fondatore) sembrava ormai concluso e quello a Roma appariva senza particolari ostacoli. Ma le indagini di archivio hanno fatto emergere episodi di un potere manipolativo e coercitivo, conosciuti da pochi all’interno del movimento.
La comprensione della Chiesa come popolo di Dio, in tutte le sue varie componenti, la resistenza al nazismo negli anni oscuri della Germania, la generosità missionaria che ha proiettato l’esperienza ben oltre i confini tedeschi avevano messo in ombra gli episodi che la ricerca storica ha riportato in superficie.
Le verità degli archivi
L’ Opera di Schönstatt, poco nota in Italia, è considerata un movimento ecclesiale che coinvolge oltre 140.000 membri in 42 paesi del mondo (soprattutto Nord-Europa, Africa, America Latina).
L’Opera è una confederazione di una dozzina di varie comunità e associazioni: dai preti ai laici, da chi ha vita comune e chi no, da leghe apostoliche (come quelle delle famiglie) a istituti secolari e gruppi giovanili. Tutti legati al carisma di un fondatore, da una particolare affezione con un santuario mariano, quello appunto di Schönstatt (replicato oltre 200 volte in 33 paesi del mondo), da una spiritualità comune e dall’obiettivo condiviso dell’evangelizzazione.
Le pubblicazioni recenti hanno prodotto molta inquietudine fra gli aderenti alla famiglia ecclesiale e una rinnovata attenzione nella diocesi di Treviri.
Una prima ipotesi era di avviare una seconda commissione storica (la prima aveva già chiuso i suoi lavori). Poi il vescovo ha preferito un gruppo informale di lavoro che ha coinvolto alcuni dell’Opera.
Ora la scelta di interrompere il processo, senza escludere che esso possa riprendere. Mons. Ackermann ha detto: «Penso che le discussioni degli ultimi due anni, ma anche la conoscenza dei documenti ora disponibili, dimostrino che non abbiamo ancora finito quello che c’è da dire sulla vita, l’opera e la spiritualità di padre Kentenich. Per tanto è necessario ricercare ulteriormente. Nel frattempo non posso continuare un processo di beatificazione per una persona contro la quale ci sono accuse che non possono essere confutate in modo sicuro in questo momento».
Da parte sua, la storica von Teuffenbach ha registrato le diverse reazioni nei confronti del suo lavoro: molta attenzione da parte di alcuni del movimento, un sostanziale silenzio dal presidio generale dell’Opera, una critica formale da parte delle suore, che avevano chiesto al tribunale di bloccare la pubblicazione del volume in Germania. Il tribunale ha dato loro torto.
E ora «sto scrivendo un altro libro che tratterà specificamente dell’“esilio” di Kentenich a Milwaukee (USA). Non tutto è ancora noto. Una cosa si può dire con certezza: ha ignorato tutte le sanzioni canoniche che gli erano state inflitte».
Christoph Hartmann su Katholisc.de ha ammonito a non essere frettolosi nel riconoscimento di santità, invitando a diminuire i processi e le canonizzazioni, a non moltiplicare i busti dei santi davanti ai fedeli. «È ora di toglierne qualcuno dal piedistallo, per avere una chiara visione del cielo».