Leone Dehon – fondatore della Congregazione dei Sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù – ha scritto molto. Ha cominciato a raccogliere annotazioni fin dalla sua vita di collegio e smetterà solo con la sua morte. I due volumi più importanti sulla sua vita sono: le Memorie (Notes sur l’histoire de ma vie – NHV) che coprono la prima parte della sua vita, dalla nascita fino al 1888; e il Diario personale (Notes Quotidiennes – NQ) in cui Dehon raccoglie le sue annotazioni quotidiane e si estende dal 1886 al 1925.
I Souvenirs sono un libro minore che potrebbe essere compreso nelle 38 lettere circolari, se non fosse per la sua maggior lunghezza e articolazione. Si tratta di una lettera che il fondatore scrive ai suoi religiosi il 14 marzo 1912, entrando nel suo 70° anno di età e ripercorre 35 anni della storia dell’Istituto.
Dehon lo scrive «perché sappiate che la nostra opera è tutta soprannaturale, ispirata tutta dalla fede e dalla grazia». Il racconto si articola su quindici piccoli quadri: un atto di umiltà, i nostri inizi, la grande decisione, incoraggiamenti soprannaturali, l’episcopato, gli aiuti spirituali, le prove, la Santa Sede, i nostri morti, le opere, le missioni, ringraziamenti e preghiere, l’ultima udienza del santo Padre, risoluzioni. Rimandando ad una più attenta lettura, sottolineiamo solo alcuni aspetti.
Nello scritto si presenta come un padre, ormai anziano, che apre il suo cuore agli amati figli: «Carissimi figli, entro oggi nel mio 70° anno. È la vecchiaia. Questa data mi ricorda che il mio soggiorno in mezzo a voi non sarà più molto lungo. Approfitto di questa occasione per intrattenermi paternamente con voi, aprirvi il mio cuore, ricordarvi ciò che ho inteso fare sotto le ispirazioni della grazia divina e ripetervi ciò che attendo da voi, o meglio, ciò che il Sacro Cuore di Gesù ci domanda. È il mio testamento spirituale».
Poi un atto di umiltà: «Fondare una congregazione è stato una grande opera. Ci stiamo lavorando insieme da 35 anni. Ho coscienza da parte mia di tanti errori commessi… Aiutatemi tutti a domandare perdono a Nostro Signore per tutti gli errori commessi nella Congregazione dal suo capo e dai suoi membri da quando essa è cominciata».
Gli inizi dell’istituto
Dehon appare solo nella sua decisione di entrare in un istituto dedicato al Sacro Cuore e alla riparazione, mentre è ancora troppo legato alle opere di San Quintino: «Avevo la vocazione religiosa fin dalla mia adolescenza. Era sempre la conclusione dei miei ritiri. Ma non avevo la luce per fare la scelta di una comunità piuttosto che un’altra. Cercavo e attendevo. Ogni mia attrattiva era per il Sacro Cuore e la riparazione. Intanto mi dedicavo alle opere a San Quintino e queste opere mi legavano sempre di più e rendevano la mia partenza più difficile…
Nel 1877 però non ne potevo più. Con la mia corrispondenza e alcuni viaggi, cercavo se la mia attrazione per il Sacro Cuore e la riparazione poteva trovare soddisfazione in qualche opera già affermata».
Ricorda le varie opere riparatrici che però non soddisfano la sua aspirazione segreta. Sa comunque di poter contare sull’appoggio totale, anche materiale e finanziario, della comunità delle Ancelle del Sacro Cuore.
Dehon arriva alla convinzione che lui stesso è chiamato a fondare una congregazione e per questo chiede consiglio al suo vescovo. «A San Quintino le Suore Ancelle del Cuore di Gesù avevano le medesime aspirazioni per un’opera di sacerdoti. Mi chiesi se la Provvidenza non volesse condurmi a cominciare qualcosa da solo. Mi consultai con il nostro buon vescovo, mons. Thibaudier. Egli, dopo attenta riflessione, mi fece questa proposta: Voi desiderate accogliere dei sacerdoti, io desidero un collegio a San Quintino. Voi potreste cominciare la vostra opera sotto la copertura di un collegio».
Dopo aver avuto l’assenso verbale e scritto del suo vescovo e l’approvazione del suo direttore spirituale, padre Modeste, Dehon arriva alla decisione finale: «Dal 16 al 31 luglio (1878) mi raccolsi in ritiro presso le Suore per scrivere le Costituzioni. Il 14 luglio avevo acquistato l’Istituto San Giovanni. L’opera era cominciata».
Appoggi e incoraggiamenti
Non mancarono gli incoraggiamenti di persone spirituali. «Per un’Opera di questa importanza, succede ordinariamente che Dio fa conoscere lui stesso la sua volontà. I suoi intermediari sono i santi. Su questo argomento mi sono impegnato a conoscere le impressioni delle anime sante di miei contemporanei. Vidi a Parigi don Bosco che fu molto affermativo: “La vostra Opera è proprio di Dio”. Egli ripeté la stessa affermazione al suo segretario che poi me la riferì».
Vengono ricordate una serie di persone sante, fondatrici di opere analoghe e favorite di grazie soprannaturali: abati, superiori generali, anime mistiche, fondatrici e fondatori di istituti.
Un appoggio particolare viene offerto dall’episcopato francese ed europeo.
«Un gran numero di vescovi ci ha incoraggiato. Mons. Thibaudier ha autorizzato la nostra fondazione. Per noi è stato un padre. Ha pregato molto per noi e, quando soffrivamo, ha condiviso la nostra sofferenza… Quando chiesi il Decreto di lode del 1887, più di trenta vescovi mi consegnarono le più belle lettere di raccomandazione… Nel 1899 ebbi quaranta lettere di vescovi di Francia, Belgio, Germania, Italia, per richiedere la seconda approvazione; ma le persecuzioni scoppiate in Francia mi fecero rinviare la richiesta di approvazione al 1906».
Non è mancato il sostegno di diversi istituti religiosi: «Due famiglie religiose in particolare sono state come cofondatrici della nostra Opera. Le Ancelle del Cuore di Gesù di San Quintino hanno avuto nei nostri confronti una missione che si potrebbe definire materna. L’unione delle preghiere e dei sacrifici con noi, l’hanno sempre, e noi dobbiamo averla nei confronti di loro; ma soprattutto, per vent’anni, ci hanno dato un aiuto concreto nelle nostre case, occupandosi dei bambini delle nostre scuole e della sacrestia e della biancheria, aiutandoci anche con le loro risorse quando potevano. Anche le Vittime del Sacro Cuore di Gesù, figlie di Madre Veronica, sono state cooperatrici eccezionali».
Le prove
«Le prove dovevano arrivare, sono arrivate. La mia salute sembrava perduta dal 1878. Avevo frequenti emorragie. Poi è arrivato il terribile incendio del collegio San Giovanni, la perdita dei miei genitori, le difficoltà finanziarie. Una suora aveva ricevuto una bella eredità che voleva condividere tra le opere della sua comunità e le nostre. Avevo costruito contando su quello. Un lontano parente della suora, sostenuto dalla Massoneria, si è appropriato del testamento e ci ha lasciato nel più grande imbarazzo. Anche i falsi fratelli hanno lavorato contro di noi e ci hanno denunciato qua e là, spinti dal diavolo.
Tre o quattro suore erano morte prematuramente, come san Luigi Gonzaga, offrendo la loro vita per il regno di Nostro Signore. Cosa c’era lì sotto? avvelenamenti? si chiedeva il mondo empio e beffardo. La cattiva stampa parigina manda i suoi delegati a creare uno scandalo… Era necessario arrivare al punto della morte spirituale. Le informazioni incomplete fornite a Roma hanno portato la Santa Sede a decidere lo scioglimento della nostra Congregazione. Era l’8 dicembre 1883.
Mons. Thibaudier partì per Roma, prese le nostre difese e un decreto del 28 marzo 1884 ci ripristinò la vita. Abbiamo avuto il Consummatum est (la soppressione dell’Istituto – ndr) e la risurrezione. E l’anno scorso i russi, che ipocritamente proclamano la tolleranza religiosa, hanno cacciato i nostri missionari dalla Finlandia…».
La Santa Sede
Nel suo scritto, Dehon sottolinea anche gli incoraggiamenti ricevuti dai due pontefici Leone XIII e Pio X. Ricorda in modo particolare il Decreto di lode e l’esortazione ricevuta da Leone XIII in un’udienza indimenticabile:
«Fu molto paterno, mi incoraggiò e mi disse: “Ho letto attentamente il decreto che ti ho dato (Decreto di lode). So che stai andando bene. Il tuo obiettivo è molto buono. La riparazione è assolutamente necessaria. La povera Francia è sotto il giogo delle sette. Predicate le mie Encicliche, combattono gli errori contemporanei. Dobbiamo pregare anche per i sacerdoti. C’è chi si perde. Ci sono anche alcuni che non hanno il fervore del loro stato santo… Per i vostri luoghi di culto avrete bisogno di fondazioni… Ho fiducia che la vostra opera si svilupperà”».
I nostri morti
Sui suoi religiosi defunti, Dehon scrive: «Abbiamo già inviato a Dio un’avanguardia di cinquanta religiosi. Questa è la nostra migliore base. Moriamo bene nel Sacro Cuore. Tutti i nostri defunti hanno offerto la loro vita per il regno del Sacro Cuore, per la riparazione, per l’Opera, per la santificazione delle anime consacrate, tanto care a Nostro Signore».
Tra le persone più care ricorda «il caro padre Rasset», primo compagno, maestro dei novizi e assistente generale. Padre Blancal, uno degli assistenti generali e padre Modeste Roth. Non manca un ricordo per i missionari, per i tanti «nostri morti del Congo, del Brasile, dell’Ecuador! Diciassette hanno dato la vita in Congo per la conversione dei neri».
Le opere
La prima preoccupazione è stata quella di «fondare le case di reclutamento e di formazione: scuole apostoliche, noviziati e scolasticati. Fu casa del Sacro Cuore, primo noviziato, nel 1878; Fayet e Lille nel 1882; Sittard nel 1883; Clairefontaine nel 1889; poi Roma, Lussemburgo, Lovanio, Bergen-op-zoom, Tervuren, Albino, Asten… Ora abbiamo sei scuole apostoliche, tre noviziati per studenti e due per fratelli laici; due scolasticati e un gruppo di studenti a Roma… Abbiamo tre province organizzate…
Una delle più importanti tra le nostre opere apostoliche è quella di Val-des-Bois. Operiamo lì da 25 anni come cappellani di questa fabbrica eccezionale dove regnano la pace sociale e lo spirito cristiano… Come opere di apostolato generale, ho tentato due grandi imprese: la prima è stata quella di condurre i sacerdoti e i fedeli al Cuore di Gesù per offrirgli un quotidiano omaggio di adorazione e di amore.
Insufficiente da solo, ho preparato l’appello che mons. Gay ha avuto la bontà di rivolgere a tutti i suoi colleghi dell’episcopato in Francia. Si trattava di unire tutto il clero nella riparazione e nella preghiera al Sacro Cuore. Volevo anche contribuire al risanamento delle masse popolari attraverso il regno della giustizia e della carità cristiana. Lì ho trascorso buona parte della mia vita, prima nelle opere di San Quintino, poi nelle mie pubblicazioni di studi sociali, nei miei convegni a Roma e altrove, nella partecipazione a numerosi congressi».
Breve l’accenno alle missioni: 8 anni di lavoro in Ecuador, prima della persecuzione, 15 anni di lavoro nel vicariato del Congo e apostolato in vaste regioni del Brasile. L’ultima parola è «grazie».
«Dobbiamo però ringraziare Nostro Signore per le sue infinite misericordie, la sua pazienza, la sua attesa e il suo perdono. Dobbiamo ringraziarlo per tante grazie ricevute, per tanta luce, per tante benedizioni nelle nostre opere e nel nostro ministero, per tanti favori che ci ha donato nella sua Chiesa».
Risoluzioni e esortazione finale
Nelle risoluzioni finali, Dehon si ispira alle Costituzioni: «Le nostre Costituzioni ci indicano le opere da preferire: l’insegnamento dell’infanzia, la predicazione degli esercizi spirituali; il ministero dei piccoli e degli umili, degli operai e dei poveri, e le missioni lontane che richiedono dedizione e sacrificio, l’adorazione riparatrice del Santissimo Sacramento…
Eccomi vecchio; voglio terminare la mia esortazione con le parole che l’apostolo san Giovanni ripeteva nella sua vecchiaia: “Amatevi gli uni gli altri”. Vi prego, come fece san Giovanni: nessuna divisione tra noi. Amiamoci nel Sacro Cuore di Gesù. Pregate per il vecchio che vi benedice con tutto il cuore. Pregate molto per lui, perché ha tanto bisogno della divina misericordia. Onore e gloria a Dio per i Santi Cuori di Gesù e Maria per l’eternità!».