Una delle istituzioni ecclesiali cattoliche tedesche più impegnate nell’aiuto alle missioni, Missio (Aachen), ha avviato una prima indagine conoscitiva sulla sensibilità delle strutture e delle organizzazioni cattoliche con cui ha relazioni a livello mondiale a proposito del problema degli abusi sulle suore.
Non si tratta di un’indagine quantitativa, ma del risultato di un sondaggio fatto con le organizzazioni per conoscere quanto il problema sia percepito.
Asia e Africa
Il sondaggio è stato inviato a 38 organizzazioni operanti in Africa, Asia e Oceania. Hanno risposto in 14, ma il questionario è stato a sua volta rilanciato e le risposte complessive sono state 101. 69 delle risposte ricevute attribuisce all’argomento una importanza alta o molto alta e testimonia come la sensibilità sia in crescita e i casi non siano pochi e marginali.
L’intento di Missio è di creare una rete di sostegno alle suore vittime a livello internazionale finanziando progetti formativi e terapeutici in ordine all’emergenza.
I paesi con le risposte più numerose sono stati l’India e il Camerun, ma con significative presenze anche in altri stati (10 in Africa e 8 in Asia). Mentre dall’Oceania è arrivato una sola risposta e quindi non ha permesso di integrarla nello studio. Il 48% delle risposte africane ha riconosciuto l’argomento come di alta o molto alta importanza, mentre, dal versante asiatico, la risposta ha raggiunto il 75%. Come è scritto in una risposta: «Quando puoi vedere la parte emersa di iceberg, significa che quella sott’acqua è molto grande».
Molto ancora da fare
Si avverte come ancora insufficiente la reazione ecclesiale perché gli abusi sono segnati dai tabu e dall’insabbiamento, con scarsa collaborazione fra le istituzioni ecclesiali e una coscienza ancora debole. Per alcune organizzazioni non c’è stata ancora nessuna denuncia in merito.
Dall’Africa: «Non è stato fatto ancora nulla per affrontare un tema che è considerato un tabu. Mi dispiace che i preti che hanno commesso questi abusi non siano sanzionati dai responsabili, ma semplicemente spostati in altra parrocchia». «Dopo un abuso in un convento, abbiamo inviato una lettera a tutte le autorità interessate, ma non c’è stato nessun avviso di ricevimento».
In Asia: «In generale il problema è nascosto sotto il tappeto e la vittima affronta il peso da sola. I vescovi hanno paura di affrontare l’argomento». «La vittima dovrebbe rivolgersi alla superiora locale e maggiore della sua congregazione, ma spesso la tendenza fra le religiose è di sopprimere il problema… e la vittima viene trasferita invece di agire contro l’attore dell’abuso».
I pericoli: potere e clericalismo
«Tutte le congregazioni religiose dovrebbero organizzare seminari per le loro suore onde assicurare che siano consapevoli dei loro diritti personali e umani. In realtà sono stati organizzati workshop a livello nazionale e regionale». Cominciano a girare fra le congregazioni le linee guida concernenti gli abusi e si stanno aprendo centri di consulenza e di sostegno.
Sulle ragioni che facilitano le violenze si insiste molto soprattutto sulle strutture di potere e sul clericalismo. «Le persone tendono ad appoggiare il prete perché lo ritengono al di sopra di ogni sospetto. È messa in discussione la moralità della vittima». «Le religiose sono collocate fra i gradini più bassi della gerarchia e questo le rende più vulnerabili agli abusi sessuali».
Una seconda ragione è la paura e la vergogna della vittima: «Spesso la vittima viene accusata di seduzione. Il che significa perdere la fiducia per raccontare quanto è successo». «La maggior parte degli eventi è nascosta. Le donne si vergognano e i predatori clericali rimangono attivi».
Ma ci sono altre ragioni: l’inferiorità culturale della donna, la stigmatizzazione delle vittime, la manipolazione del senso di appartenenza, la negazione, lo scarso sostegno delle gerarchie, la dipendenza economica.
Le forze più attive in ordine alla resistenza agli abusi e alla denuncia sono le organizzazioni ecclesiali, gli ordini e le congregazioni e, solo in seguito, le diocesi e i poteri secolari.
«È importante anzitutto che le vittime degli abusi siano credute e appoggiate dalle superiore e dalle autorità della Chiesa», che gli “attori” siano perseguiti e penalizzati, che ci sia un sostegno psicologico e una vasta campagna di sensibilizzazione. Oltre alla protezione fisica.
In positivo, va migliorata la formazione e la competenza delle suore, la stesura di codici di comportamento chiari, una nuova consapevolezza fra preti e seminaristi e il riconoscimento di uguali opportunità nella Chiesa. È auspicato un ambiente sicuro per le suore e chiare condizioni di lavoro e di sostegno economico.
Si dovrebbe facilitare le denunce e i meccanismi amministrativi relativi per arrivare a punire i trasgressori: «Gli autori degli abusi devono essere sfidati e accusati, chiunque essi siano. Gli aggressori devono sapere che dovranno affrontare le censure canoniche e del diritto civile.
Sono alcune delle indicazioni contenute nel rapporto Missio che impegneranno i futuri investimenti dell’organizzazione caritativa e le collaborazioni fra le Chiese.