Vocazione e vita monastica

di:
canopi

Anna Maria Cànopi, Badessa del Monastero Mater Ecclesiae

La vita monastica è una risposta totalitaria alla chiamata di Dio, che suppone la capacità di partire per cercare Dio affidandosi al progetto che egli ha su di noi. Chi intraprende la vita monastica deve lasciare il mondo e consegnarsi completamente al Signore, per imparare a servirlo all’interno di un monastero nella preghiera e nel lavoro e a cercarlo insieme con i fratelli nell’aiuto reciproco e nella carità vicendevole. Non è quindi una scelta che si compie spinti esclusivamente dal desiderio della perfezione personale o dall’attrattiva per il silenzio, la solitudine o la bellezza della liturgia, ma sempre sotto l’impulso dello Spirito Santo, afferrati dall’amore per Cristo, in obbedienza alla volontà di Dio che invita alla sequela radicale abbandonando tutto il resto.

Nel discernimento delle vocazioni questo è dunque il punto capitale: capire se l’ispirazione viene da Dio. Non sono le attitudini personali e i doni di natura a rendere idonei alla vita monastica, ma le disposizioni interiori ad affidarsi al disegno di Dio e all’aiuto della sua grazia. Non è infatti pensabile che ci si affidi al Signore con qualche restrizione, perché la sua chiamata è sempre definitiva e senza ripensamenti.

Anche nei momenti di fatica, di prova o tentazione, per poter stare saldi ci si deve appoggiare alla sua fedeltà, rimanere stretti a lui che è una roccia eterna. Se il nostro cuore cerca Dio e vive nell’amore vero, pronto in ogni circostanza a donarsi, la nostra vita vale immensamente e non è mai vana. Allora non si vive avviliti, sfiduciati e scontenti, ma pur nella fatica e nella tribolazione si sperimenta la pura e vera gioia. (…)

Umiltà, servizio, obbedienza

Nella vita monastica, si prende coscienza della propria piccolezza, della propria condizione di poveri, deboli e indegni davanti a Dio e si giunge a essere sinceramente convinti di non essere migliori degli altri, ma senza provare frustrazione o rivalità, anzi scoprendo di essere amati dal Signore ancora più gratuitamente, proprio perché senza alcun titolo di merito per essere da lui accolti e attirati a sé. Tutto quello che ci mette nella verità e ci fa scoprire ai nostri stessi occhi per quel niente che siamo di fronte a quel tutto che Dio è, va ritenuto pura grazia. Non dobbiamo cercare di salvare la faccia davanti a Dio, né davanti agli altri, perché il Signore sapeva come eravamo e sa come siamo, ma non si pente di averci scelto; anche se noi diventiamo infedeli o ci comportiamo male in certi momenti, lui continua ad amarci senza stancarsi mai.

L’atteggiamento fondamentale del monaco è quello di vivere al servizio di Dio mettendo a disposizione di Dio tutto se stesso, tutte le proprie capacità. Questo impegno comporta in concreto la disponibilità a mettersi a disposizione della comunità con distacco da sé e richiede la prontezza nel servire e nel rendersi utili come e quanto Dio ci richiede attraverso la comunità.

Dobbiamo essere sempre ben consapevoli che la chiamata del Signore alla vita monastica non ci apre il cammino verso una vita di realizzazione o di prestigio personali, ma a una vita di immolazione nel semplice quotidiano. Dovremmo quindi provare la gioia di sapere che siamo nella volontà di Dio, volontà che si manifesta a noi attraverso le mediazioni: l’abate, la Regola, la comunità. La gioia del cristiano, del figlio di Dio, del monaco in particolare è proprio quella di essere nella totale disponibilità alla volontà di Dio, a lasciare che il Signore sia libero di fare quello che vuole di noi, sempre. Se noi non abbiamo fede e amore e non siamo in questo atteggiamento di sottomissione totale, nulla ci riesce sopportabile. Se noi siamo in questo atteggiamento, tutto invece è adorabile.

Lasciarsi trasformare

Canopi, L'Amore che chiamaProviamo a interrogarci su quante cose sono per noi gravose e difficili da accettare. E questo che cosa significa? Che io non sono totalmente aperta e consegnata al Signore, che forse ho lasciato che il mio cuore si stringesse, si indurisse non lasciando spazio all’amore. Dobbiamo veramente aprirci allo Spirito che ci fa liberi e ci fa capaci di amare e quindi di compiere in tutto, con gioia, la volontà di Dio. (…)

La vocazione alla vita consacrata è una chiamata a essere trasformati dalla fecondità soprannaturale che non ha limiti, perché la grazia di Dio non è mai angusta, ma se accolta e assecondata fiorisce e fruttifica in abbondanza; è dunque veramente una chiamata a diventare, con Maria, Madre del Verbo e a generarlo nelle anime, ossia a generare figli di Dio. Questa è un’esperienza che i monaci accolgono con gioia e stupore man mano che procedono nel loro cammino, offrendo quotidianamente la loro vita perché tutti gli uomini possano conoscere Dio, amarlo e goderlo nella vita eterna.

Il testo qui pubblicato è un estratto del volume di Anna Maria Cànopi, L’Amore che chiama. Vocazione e vita monastica. Prefazione di G. Savagnone, EDB, Bologna 2017, pp. 208, € 18,00.

 

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